Il nostro sguardo è spesso molto limitato, guardando il nostro ristretto campo ci convinciamo di verità inesistenti e cerchiamo nessi di causa ed effetto là dove non esistono e non è possibile trovarli. Da una visione più alta, il principio di causalità perde di importanza, ciò che accade è la manifestazione di un disegno scritto da tempo, e quello che noi consideriamo le cause sono in realtà mezzi per giungere ad un risultato deciso molto tempo prima. Tutto ciò che accade è assolutamente perfetto e funzionale alla realizzazione di uno scopo.
Il problema è la nostra miopia, che non ci permette di andare oltre l'apparenza, al di là di uno sguardo superficiale, per vedere lo schema sottostante.
Ogni giorno accadono fatti che non notiamo e non comprendiamo, messaggi che rimangono inutilizzati, lezioni che ci rifiutiamo di apprendere.
Tutto concorre al bene, ma spesso invertiamo il bene con il male, così una preziosa occasione diventa un incidente sfortunato, un fatto che dovrebbe farci aprire gli occhi viene trasformato in un destino avverso.
In tutti questi casi la reazione è la rabbia, il disappunto, il rifiuto, e la vita va avanti, mentre noi restiamo indietro, intrisi di inconsapevolezza, incastrati nel dolore, vittime del senso di colpa, pervasi dal senso di impotenza.
Questi sentimenti innescano meccanismi di difesa come la megalomania, il delirio di onnipotenza, le manie di persecuzione, corazze costruite per imprigionare il dolore, per sopravvivere all'impotenza, per convivere col senso di colpa.
Passiamo gli anni nella convinzione che questa strategia sia efficace, finché accade un evento che crea una falla nel meccanismo ben oliato e si apre una crepa, da cui entra il dubbio, e una domanda inizia a corroderne la stabilità.
Giorno benedetto quello in cui finalmente entriamo in crisi e, in mezzo alla disperazione, ci chiediamo se la vita abbia un senso e se il nostro modo di viverla stia portando a qualcosa di buono.
Questo è il primo passo per uscire dalla prigione e cominciare a rivedere il cielo, il sole, l'orizzonte, scorgere un al-di-là, rispetto al nostro esiguo orticello e provare a camminare in una direzione nuova.
Allora finalmente possiamo aprirci alla riscoperta di chi siamo, con lo stupore e l'innocenza del bambino che vive dentro di noi, ritornando capaci di commuoverci, di partecipare e condividere il nostro risveglio.
Equilibrio, integrazione, armonia con le leggi dell'universo, divengono mete raggiungibili, e possiamo intuire di essere frammenti di infinito nel cosmo, polvere di stelle. Ogni cellula del nostro corpo ha avuto origine dallo stesso disegno che ha generato qualsiasi creatura, pianeta, stella, mondo, galassia, universo.
Noi realizziamo le nostre potenzialità se siamo in equilibrio. Siamo in equilibrio quando usciamo dal giudizio e dalla classificazione di ciò che ha valore e di ciò che è inutile. La lama tagliente del giudizio provoca divisione e separazione, ci pone gli uni contro gli altri, sostituisce la collaborazione con la competizione, l'armonia con il conflitto, l'unione con la separazione, la comprensione con la critica. Tutto si fa difficile e faticoso e la rabbia ben presto fa capolino, togliendo lucidità e innescando un meccanismo di compensazione e di ricerca del capro espiatorio. E' frequente il crearsi di un circolo vizioso che amplifica ed esalta le differenze, rendendo sempre più difficile il dialogo e il confronto aperto e rispettoso. Tutto questo prima di essere agito all'esterno, nelle relazioni, viene messo in scena nel palcoscenico intrapsichico. Nello scenario interiore si contrappongono due diverse visioni, due modi di vivere la vita, quella maschile e quella femminile, derivanti dai due emisferi cerebrali, quello sinistro e quello destro. L'incapacità di far comunicare i due emisferi, il prevalere di uno sull'altro, con il giudizio e la sopraffazione, porta alla guerra. Uno scontro interiore che si riflette all'esterno in problemi relazionali, che si amplificano in battaglie di potere a livelli sempre più ampi, fino a giungere a violenti conflitti fra popoli e nazioni.
E' possibile un percorso diverso?
Qual è la strada che ognuno può percorrere per giungere ad una visione unitaria, ad una comunicazione rispettosa, ad un'integrazione fra le diverse parti di sé, fuori dalla presunzione di avere la verità?
Se lo desideriamo veramente, abbiamo la possibilità di riscoprire la nostra origine, andare oltre l'apparenza delle cose, uscire dalla prigione della rabbia e della tristezza, per riconnetterci con una dimensione più ampia e una frequenza più alta, andando verso la leggerezza e la gioia. Possiamo ricomporre l'unità, facendo dialogare l'emisfero destro con quello sinistro, il maschile col femminile, il cielo con la terra, accettando e integrando tutte le polarità, amando tutte le manifestazioni, riconoscendo la bellezza di tutti i colori. Nell'armonia e nel dialogo fra gli opposti c'è la vita, l'armonia originaria, fuori c'è la morte.
La reazione più frequente di un genitore, quando vede star male un figlio, è seguirlo nella sua sofferenza, identificarsi con lui e vivere i suoi sentimenti amplificati.
Ma è davvero questo il modo più efficace?
La risposta è no.
Il figlio non trae alcun giovamento dal sentire l'angoscia del genitore in aggiunta al proprio disagio.
Allora come poter essere di aiuto?
Un atteggiamento efficace è quello di ascoltare e comprendere, mantenendo la giusta distanza, per poter osservare i fatti senza allagare il figlio con le proprie emozioni, evitare di confondere i propri irrisolti con quelli del figlio, le proprie paure con le sue, e credere fermamente nelle risorse e nelle potenzialità della persona a cui abbiamo dato la vita, a cui siamo legati e amiamo più di noi stessi, ma a cui non possiamo sostituirci.
E' molto importante pensare alla crisi come a un'opportunità, cogliendo in essa un'occasione preziosa per guardarsi dentro e affrontare problemi dimenticati e ignorati. Irrisolti che riappaiono attraverso le vicende e le problematiche dei figli, che divengono specchi attraverso cui rivedere il bambino, l'adolescente, il giovane, che siamo stati.
Attraverso i figli riviviamo le fasi della nostra vita, quelle più felici, come quelle più dolorose, cadute nel mare magnum dell'inconscio. Dove abbiamo registrato delusioni, fallimenti, rischi e paure, legate alla sopravvivenza, il tempo si è fermato, il percorso evolutivo ha registrato una battuta d'arresto ed è stato difficile o impossibile accedere alla visione di una vita facile, gioiosa e realizzata.
Attraverso i figli si crea la possibilità di prendersi cura delle ferite e guarirle, risolvendo traumi, relazioni conflittuali, paure, sensi di colpa, rancori. Così facendo le spalle si alleggeriscono e figli vengono liberati dal compito di portarne il peso dei genitori e degli antenati.
I figli non sono solo persone da aiutare e di cui prenderci cura, sono specchi attraverso cui guardarci e prendere consapevolezza dei dolori, personali e familiari, che ci portiamo dentro e finalmente lasciarli andare. Solo in questo modo il passato doloroso, pesante e penalizzante della nostra famiglia, non invaderà lo spazio di vita delle nuove generazioni.
Se davvero desideriamo essere d'aiuto ai nostri figli, comprendiamo chi siamo, da dove veniamo e dove siamo diretti, questo è il più grande dono che possiamo fargli, questo alleggerirà le nostre vite e le loro.
La cosa che continua a stupirmi e sempre mi affascina dell'esperienza del Gruppo di Biocostellazioni, è la velocità e la precisione con cui i rappresentanti mettono in scena e mostrano l'origine del problema portato dalla persona che chiede di fare luce su un irrisolto. I rappresentanti con grande facilità si sintonizzano, a seconda dei casi, con il livello personale, con il livello familiare o con quello sistemico.
Accade che l'origine del disagio e della ripetizione sia più antica, così il Campo rende visibile un avvenimento che il protagonista non riconosce, che non può ricordare perché risale ad un altro spazio e ad un altro tempo. Viene portata alla luce un'esperienza di vita lontana, sepolta nell'Inconscio familiare e collettivo, rimasta tanto viva da condizionare la vita attuale della persona, attraverso la ripetizione di schemi, copioni, conflitti, sintomi apparentemente inspiegabili, che improvvisamente appaiono con in tutta la loro perfezione e possono finalmente essere lasciati andare.
Se il metodo più classico per scoprire e risolvere questo tipo di problematiche è l'Ipnosi Regressiva, capita talvolta nel lavoro delle Costellazioni, specie nelle Costellazioni sui Sogni, di vedere emergere livelli molto antichi e profondi, riguardanti l'anima della persona, che chiedono di essere visti, compresi e lasciati andare. I rappresentanti accedono al grande bacino di informazioni che raccoglie tutte le memorie, che è il campo morfogenetico, un immenso file in cui ognuno può entrare, con rispetto e umiltà, ponendosi a servizio dello Spirito e del bene di ognuno. Tutto può accadere se vi è disponibilità, apertura di cuore e grande fiducia nella perfezione dei disegni dell'anima.
La riscoperta del tuo progetto, è un processo lento e faticoso, raggiungibile attraverso esperienze che hanno lo scopo di rafforzarti, di forgiarti attraverso prove e sfide, per condurti a riappropriarti del tuo potere personale e usarlo a pieno titolo ogni volta che è necessario.
Quante crisi, quante cadute, sono necessarie per giungere a vedere chiaro e accedere alla consapevolezza del tuo valore e delle tue capacità.
Quanto lavoro è necessario per autorizzarti a vivere la vita a modo tuo, libero dal bisogno di accondiscendere alle aspettative e ai bisogni di chi ti sta vicino.
Quanto dolore è necessario per scoprire che ciò a cui avevi creduto, che le persone a cui avevi dato fiducia non corrispondevano al vero, quante false identità e abiti di scena sono caduti ai tuoi piedi facendoti sentire stupito, incredulo e deluso.
Ma è stato ancora più difficile togliere le maschere dal tuo viso, rinunciare a identità di copertura, quando è accaduto ti sei sentito nudo, vergognoso, umiliato, disperato.
E' un processo continuo: tante morti per nuove rinascite, tante cadute nell'abisso per altrettante risalite, un avvicendarsi di alti e bassi, di gioia e tristezza, di dubbi e ritrovata fiducia, di buio e di luce.
Un'intera vita giocata sul piano della dualità e delle opposte polarità, accompagnato da un'inguaribile nostalgia per la pace, l'armonia, l'Unità.
Hai sentito una crescente esigenza di ritornare ad una dimensione priva di differenze e contraddizioni, conflitti ed egoismi, ingiustizie e violenze.
La sfida è grande: "Essere nel mondo senza essere del mondo" ( Gv. 15, 18-21)
Essere abitanti della terra senza dimenticare la dimensione spirituale che ci abita.
L'archetipo dell'Arcano VII, Il Carro, corrispondente all'anno in corso (la somma di 2023 fa 7), ci interroga sul modo in cui usiamo il nostro potere personale e ci chiede di essere consapevoli dell'istanza che sta conducendo il nostro Carro: l'istinto, la mente o l'anima?
Se il potere è al servizio dell'Ego, prevale il desiderio di apparire, di fare carriera, di avere successo, di godere del consenso del pubblico. Tutti fini assoluti, a cui deve essere asservito tutto il resto, anche il proprio corpo, arrivando a fargli pagare un alto prezzo.
Se è l'anima che guida il Carro, vi è la consapevolezza che è necessario restare connessi con il cielo, con una dimensione superiore, per usare il proprio potere al servizio del proprio bene e di quello della collettività. il potere non è un fine ma uno strumento da usare con saggezza, forza e determinazione.
L'Ansia scaturisce da un senso di minaccia, qualcosa di cui si avverte la presenza ma
di cui non è chiara né l'identità, né la pericolosità. Una sorta di nemico che risiede nell'ombra, che potrebbe attaccare, non si sa né come né quando.
Questo stato di incertezza, associato ad una sensazione di minaccia, crea uno stato di ansia diffusa che tende a presentarsi in situazioni prive di minacce e di pericoli reali.
L'ansia si trasforma in panico quando vi è una totale perdita di controllo, allora ci si sente in balia degli eventi e completamente sopraffatti.
La componente biologica, presente in ogni persona, viene risvegliata e sentendosi invasa dal terrore, innesca una serie di reazioni fisiche quali: l'accelerazione del battito cardiaco, l'iperventilazione polmonare, l'aumento di sudorazione, che vengono associate al rischio di morte. Se la persona si reca al Pronto Soccorso con la paura di stare correndo un grande rischio si sente dire: “non si preoccupi, è solo un po' di stress”. Questa affermazione anziché rassicurare, determina un aumento dell'angoscia, dovuta all'incomprensione di quanto è accaduto e all'impotenza di prevedere e prevenire un nuovo accesso. A questo punto il rischio è che si inneschi un circolo vizioso in cui la paura che l'episodio si ripresenti, induce ad evitare progressivamente le situazioni in cui si sono verificate le prime crisi e, per estensione, i luoghi simili in cui potrebbero insorgere. Lo spazio vitale tende a restringersi, fino ad essere confinato entro le mura domestiche.
La prima cosa da fare in questa situazione è creare le condizioni affinché la persona si senta al sicuro, ovvero compresa, non giudicata, e rassicurata sul fatto che il sintomo è transitorio, quindi non durerà per sempre. Poi è determinante comprendere l'origine, decifrare il segnale di pericolo e dare un senso a quanto accaduto. Ogni sintomo è una reazione biologica sensata ad una situazione vissuta in modo conflittuale e percepita come minacciosa e irrisolvibile, quindi è necessario risalire al conflitto che la persona sta vivendo, da un tempo medio-lungo, e apportare i cambiamenti necessari affinché lo stato di sovra-stimolazione vada verso un abbassamento e non si ripresenti.
Desideri trattenuti e negati, scelte forzate e condizionate dall'ambiente, ritmi di vita non sostenibili, reiterati vissuti di inadeguatezza, impotenza, mancanza di libertà, sono i precedenti più comuni di un attacco di ansia.
Se vi è una buona apertura e disponibilità al cambiamento, la crisi diventa una opportunità per cambiare visione e scegliere condizioni di vita consone alle proprie caratteristiche.
Se vi è resistenza a mettere in discussione lo stile di vita e impossibilità a cambiare, la strada percorribile è quella farmacologica, che in alcuni casi attenua l'intensità del sintomo ma non cura la sua origine, tende altresì a sedare le reazioni e inibire l'energia vitale.
L'incapacità di accettare i cicli della vita e le sue leggi, rispettandole, porta prima o poi a gravi conseguenze. La ricaduta è sempre pesante, ogni violazione dell'ordine naturale crea una risposta tendente a ristabilire l'ordine, tutto in natura tende all'equilibrio. Ogni squilibrio deve essere compensato da uno squilibrio di segno opposto. Una mente cieca o di corte vedute questo non lo considera, perché vede solo il vantaggio immediato. Ora più che mai, l'uomo ha una grande responsabilità: usare l'avanzata tecnologia al servizio dell'uomo e nel rispetto della natura o ignorare e violare le leggi che regolano l'Universo a vantaggio di pochi o per esprimere manie di onnipotenza fuori dal buon senso?
Spesso vengono fatte scelte al di sopra di noi, ma noi possiamo prendere una posizione: subire passivamente nella totale inconsapevolezza, o usare la nostra intelligenza e la nostra coscienza per non allinearci con decisioni immorali, megalomani e irresponsabili?
In ogni momento ci è chiesta attenzione, consapevolezza e capacità decisionale.
La cieca fiducia in chi opera decisioni al di sopra delle nostre teste, porta a reazioni di rabbia, sconforto e vittimismo, alla ricerca di un capro espiatorio, portandoci ad una visione ristretta e parziale. Cosa possiamo fare allora?
Essere consapevoli che la tecnologia ha valore nella misura in cui è a servizio dell'uomo e viene usata entro i limiti del rispetto delle leggi morali ed etiche che tutelano l'uomo e la natura. L'uso scriteriato e irresponsabile di potenti mezzi tecnologici è pericoloso e distruttivo. Come ci insegna il Principio della Causalità e la terza legge della Dinamica, “Ad ogni azione segue una reazione uguale e contraria”.
Quando non riesci a realizzare ciò che desideri, ti senti triste, impotente, vittima della sfortuna.
Ma esiste davvero la sfortuna?
Ciò che ti accade è il risultato di coincidenze fortuite e casuali?
In che modo l' inconscio condiziona i fatti e gli eventi che ti accadono?
Quando inizi a conoscere e dialogare con il tuo inconscio, rimani stupito della forza e della chiarezza con cui esso esercita un'influenza sulla tua vita.
Desideri scoprire i piani e gli schemi segreti che determinano il tuo futuro?
Guardare e comprendere i movimenti inconsci comporta l'assunzione della responsabilità di ciò che accade, e quindi la possibilità di cambiare la tua realtà.
I fatti sono la manifestazione del tuo complesso mondo interiore.
Se non ti piace la vita che stai vivendo puoi cambiarla modificando il tuo mondo interiore, e sulle ceneri delle certezze che ti davano sicurezza, delle abitudini consolidate, delle conoscenze assodate, riscoprire la tua vera identità.
La tua percezione della realtà allora si trasforma e là dove vedevi solo mancanza, impedimento, fatica, dolore, ora percepisci amore, gratitudine, gioia, possibilità, spazi che si aprono, possibilità compaiono all'orizzonte.
La realtà ti rispecchia e ti rappresenta.
Gli interrogativi su chi sei e dove stai andando, sono il punto di partenza di un processo di cambiamento da chi pensi di essere a chi sei veramente.
Questa è un'azione molto trasgressiva, inevitabilmente accompagnata da paura e senso di colpa. Le prove da affrontare durante il viaggio sono tante, occorre motivazione, determinazione e coraggio, ma la realtà si trasforma e nulla può essere come prima.
E' allora possibile cambiare il copione che stavi interpretando, accedere alla libertà di essere, di agire e di sbagliare. In questo percorso verso la consapevolezza sei tu a scegliere se andare o restare, se vivere o recitare, se cantare la tua canzone o interpretare quella scritta per te da altri.
Solitudine, senso di vuoto, ansia immotivata, difficoltà ad integrarsi in un gruppo, tendenza ad isolarsi, sono solo alcune delle caratteristiche delle persone che hanno perso uno o più gemelli e non lo sanno.
L'uso di strumenti ecografici sempre più sofisticati e un numero crescente di testimonianze raccolte da medici e pazienti, vanno nella direzione di dimostrare che esiste una percentuale di gravidanze multiple, attualmente stimata attorno al 30%.
Un solo embrione continua il suo viaggio verso la vita, portando con sé una pesante memoria cellulare, quella della perdita e dell'abbandono subito, senza che l'evento possa essere rappresentato, ricordato, messo in connessione con la fatica del superstite ad affrontare la vita.
Uno dei tratti salienti di queste persone è una forte attrazione per tutto ciò che è occulto e misterioso, in particolare le esperienze connesse alla morte e alla vita oltre la morte. E' presente una grande sensibilità ed empatia nei confronti di qualsiasi essere vivente, specie se in difficoltà, sofferente, bisognoso di cure e di aiuto.
Quando tutti gli sforzi compiuti risultano inefficaci a raggiungere l'obbiettivo, la persona che tanto si è prodigata, cade in uno stato di prostrazione, accompagnato da tristezza, depressione e senso di impotenza.
Agli occhi di un osservatore esterno la reazione appare esagerata e in alcuni casi incomprensibile. Questa discrepanza fra l'evento e la reazione emotiva ad esso, è molto frequente nel caso della morte di un animale domestico, questo lutto ripropone la perdita accaduta nel periodo prenatale.
A complicare il quadro è la presenza di una forte rabbia che coesiste con un intenso senso di colpa, due sentimenti che rendono la vita molto complicata.
E' sorprendente vedere come la vita di queste persone cambi radicalmente dopo aver preso di coscienza di questo "conosciuto non pensato". Qualcosa con cui da sempre convivono ma a cui non erano riusciti a dare un volto e un nome.
La possibilità di sentire questo dolore, di dargli un senso, è una occasione preziosa per far ripartire un tempo bloccato, una vita sospesa, una promessa non mantenuta.
Tutto diventa allora possibile, si può ripartire riappropriandosi della propria vita e del proprio destino, dicendo finalmente sì alla vita.
In questo periodo ci sono Serie TV davvero illuminanti, l'ultima che ho avuto il piacere di vedere è: Tutto chiede salvezza, tratta dall'omonimo romanzo di Daniele Mencarelli.
Una storia forte, che racconta un'esperienza vera, dove si assiste ad un percorso che parte dagli inferi per salire verso il cielo.
L'inferno è quello dentro al quale ognuno dei protagonisti è rimasto intrappolato, l'inferno è quello vissuto quotidianamente dal personale del reparto di psichiatria. La disperazione che si respira in questo luogo invade il cuore dello spettatore, che viene travolto da un avvicendarsi di emozioni e sentimenti che oscillano dalla tenerezza alla rabbia, dall'ostinazione a cercare un senso alla vita alla resa, dal rifiuto di una condizione percepita come ingiusta, alla saggezza a cui è possibile accedere in uno stato di isolamento forzato, attraverso il contatto con gli altri, attraverso le relazioni senza filtri, attraverso i fantasmi notturni, attraverso gli animali che vivono nel parco dell'Ospedale, attraverso la Vita, quella vera.
E' l'esperienza condivisa di una vita “da matti e in mezzo ai matti” che trasforma il protagonista, che lo porta a riscoprire un talento dimenticato: la poesia. Sarà la poesia a dare voce e nome ai codici segreti del cuore, attraverso di essa diventa possibile comprendere il significato di quello che da sempre è percepito mancante.
Sarà un compagno di stanza, amico-maestro-padre, a svelare il segreto, conducendo Daniele al mistero della nostalgia, la nostalgia “di come erano le cose prima ...”
Questa parola dà un senso al sentimento ineffabile e sfuggente che accomuna tutti i “matti” ospiti della stanza, tutti hanno perduto qualcosa di terribilmente importante, è andato perduta la visione originaria, la cosa più preziosa è stata strappata, rubata, violata.
Allora la guarigione passa attraverso il ritrovamento, la ricomposizione dell'integrità infranta. I frammenti scomposti debbono essere ricomposti, e improvvisamente arriva la luce, la visione originaria, la bellezza, “la salvezza, per i vivi e per i morti, salvezza”.
Si tratta di un'esperienza corale in cui spariscono le differenze fra Medici pazienti, infermieri. Ognuno di essi è portatore di un dramma, che vive ed esprime in modo diverso, nessuno ha la soluzione, come Mario dice a Daniele: “...i medici cercano di normalizzare, di controllare i sintomi, ma la responsabilità di guarire è tua.”
Messaggio forte, ma molto vero, che mette in discussione e fa crollare ogni illusione di guarigione attribuita ai farmaci, ai medici, a qualcosa che da fuori possa cambiare le cose. Ognuno deve impegnarsi a cercare la propria guarigione, il medico, come lo psicoterapeuta, può aiutare, accompagnare, ma solo la persona può decidere come vivere la propria vita.
Qualsiasi azione autenticamente terapeutica nasce da un potente movimento creativo,
così come ogni creazione artistica ha una potente valenza terapeutica.
Cosa accomuna queste due modalità espressive, questi due ambiti apparentemente così diversi?
Sono convinta che creatività e psicoterapia si sposino alla perfezione e possano incontrarsi, arricchendo le reciproche modalità di espressione.
Così l'arte di curare l'animo umano, oltre ad essere di per sé un'alta forma di creatività, può beneficiare delle arti grafiche, delle produzioni musicali, così come della poesia e della letteratura.
Credo che tutti questi linguaggi possano unirsi al servizio dell'armonia e della bellezza e che insieme possano migliorare la qualità della vita delle persone ponendosi al servizio di un nuovo concetto di salute.
Il processo creativo per sua natura fuoriesce dal noto, dal consueto, dagli schemi e dalle regole predefinite, non può rientrare nelle statistiche e nelle analisi di mercato e neppure nelle definizioni contenute nei manuali di psichiatria e psicopatologia.
Per entrare in un ambito creativo occorre osare abbandonare ciò che si sa, ciò che si è già sperimentato, tutto quello che si è abituati a fare e uscire, affrontando il rischio di sbagliare, di fallire, entrando nel territorio dell'incerto, dove l'unica certezza è l'originalità dell'esperienza.
Allora finalmente si può godere nel creare qualcosa di nuovo, di personale, di unico e irripetibile.
Occorre grande fiducia nelle proprie potenzialità ma anche fiducia nel campo delle infinite possibilità.
A volte la motivazione, la fiducia, la determinazione, sono smarrite in mezzo alla nebbia delle paure, dell'insicurezza, della rabbia e del senso di colpa, allora è utile un testimone che sappia osservare, dissolvere la nebbia, sostenere, infondere fiducia e dare tranquillità.
Questo è, secondo me, il compito dello Psicoterapeuta, che io associo alla funzione dell'ostetrica, che accompagna, sostiene e si prende cura della partoriente, senza sostituirsi in alcun modo a lei, perché crede nella forza della madre e ha fiducia nel potere della Vita.
Ogni trasformazione è una nascita, e per sua natura un processo incerto, sconvolgente, terrificante, ma è quanto di più creativo esista, esattamente come la nascita di un essere vivente.
Dipingere un quadro, partorire un figlio, assistere alla “guarigione” di una persona, sono tre processi potentemente creativi, veri e propri “miracoli” che possono realizzarsi grazie alle misteriose forze della natura e alle inaspettate potenzialità insite nell'essere umano.
Cos'è un miracolo se non la possibilità di fare apparire qualcosa che prima non c'era e fare scomparire ciò che prima era presente?
Ma per fare “miracoli” è necessario avere fiducia, una sconfinata fiducia nella Vita, nel genere umano e in sé stessi.
La complessità di cui faccio parte mi sorprende e mi commuove.
Ci sono momenti in cui improvvisamente tutto diventa chiaro, semplice, potente e si illumina di una luce che mi stordisce e mi travolge.
Il processo è talmente potente da portare nuove informazioni, nuova consapevolezza ad ogni cellula del corpo. Allora il DNA di cui sono portatrice, quello che ho ricevuto dai genitori, dai nonni, dai bisnonni, muta, grazie ad esperienze emotive che trasformano e cambiano l'organizzazione dei miei geni.
Questo mi dà un grande potere: quello di cambiare il passato, il presente e il futuro. Posso allora dipingere la mia vita con colori nuovi, posso percepire e suonare una nuova musica, la mia musica. Quella che per fedeltà, per consuetudine, per paura, per senso di colpa, non ho mai osato suonare.
Il tempo per riappropriarmi della mia libertà, di esprimere chi veramente sono, di realizzare i miei sogni è ora.
Se non prendo in mano la mia vita lo farà qualcun' altro, se non realizzo il mio progetto l'energia rimasta inutilizzata sarà usata da altri, e non necessariamente per il mio bene.
Se rinuncio a scegliere, sceglieranno gli altri al posto mio, e non è detto che il mio bene corrisponda al loro bene.
Se hai qualcosa in cui credi, che ti muove il cuore, devi agire ora o sarà troppo tardi.
Puoi giocare la tua partita o ritirarti, con la convinzione di non essere all'altezza, di non valere abbastanza, di non avere merito, ma in questo c'è un grande inganno perché: “Nel futuro c'è un mondo che deve venire che senza la tua parte andrà a scomparire. Per ogni Luce che non osa brillare c'è un demone pronto ad operare.”
Albasali
Questa domanda mi è stata posta in sogno da un collega, a dimostrazione che lo Psicoterapeuta continua a lavorare anche di notte …
Quello che troverete di seguito è la risposta scaturita dalle intuizioni emerse durante il sogno.
Chi lavora con me conosce il mio grande interesse per l'Inconscio e il credito che che dò alle informazioni provenienti da esso, a differenza del dubbio che nutro sull'attendibilità delle argomentazioni prodotte da altre istanze psichiche.
Ma andiamo per ordine, la prima sensazione che ho sentito alla domanda postami, è stato un timore accompagnato da immagini provenienti da un lontano passato: indici puntati, giudizi di follia, odore di fumo, sentenze di eresia.
Questo è il passato, ed è al passato che l'ho restituito.
Non sopporto abitudini e comportamenti ripetitivi, non sono dedita ad aderire a verità preconfezionate, enunciate e scritte su libri e manuali.
Debbo sentire, percepire, verificare quelle verità dentro di me, farne esperienza, constatare i fatti. In assenza di queste evidenze assumo un atteggiamento critico e mi riservo il beneficio del dubbio, in attesa di ulteriori verifiche.
La ricerca della Verità è da sempre il mio chiodo fisso, con questa ossessione sono cresciuta e questa esigenza non si è mai esaurita.
La curiosità, l'interesse, la passione, sono rimaste intatte e i miei occhi continuano ad osservare il mondo assetati di nuove verità.
Questo fuoco mi conduce a nuove scoperte, l'intuito mi porta a scoprire nuove tecniche, nuovi strumenti di cura che mi portano progressivamente verso nuove strade.
Questo richiede impegno, dedizione, e una grande apertura, per realizzare veri e propri capovolgimenti di prospettiva, con il coraggio di adottare nuove modalità di lavoro e diversi sistemi di riferimento.
In questo processo di trasformazione la conoscenza lascia il posto alla consapevolezza, l'interpretazione viene soppiantata dall'esperienza emotiva profonda, che scaturisce dal cuore, i viaggi nel tempo prendono il posto delle spiegazioni e di paradigmi teorici "oggettivi".
In questo modo finalmente il mio lavoro è diventato creativo, lo specchio di chi sono, senza aggiustamenti e compromessi.
Ho fatto esperienze inimmaginabili ed incredibili, ho sciolto promesse e cambiato visioni e convinzioni, ho scoperto segreti che, come catene invisibili, impedivano il mio libero movimento e azioni consapevoli.
Ma torniamo alla risposta da dare al collega, come sintetizzare tutto questo percorso in un semplice concetto?
Quale parola può rendere l'idea ed essere sufficientemente potente?
Improvvisamente è apparsa davanti agli occhi una parola, scritta con lettere gotiche, immersa in una nebbia che la rendeva ancora più affascinante e misteriosa: Magia!
Ma cosa fa il Mago? Fa apparire qualcosa che prima non c'era e fa scomparire qualcosa che era presente.
Curare le persone per me è esattamente questo: mettere a servizio la mia conoscenza e la mia esperienza per realizzare la Magia di lasciare andare tutto ciò che non serve e impedisce di essere felici, creando una nuova realtà, un futuro diverso dal passato, un modo di vivere prima impensabile e quindi impossibile.
Ogni anno porta nuove cose, nuove scoperte ed esperienze. Ad ogni nuovo inizio si rinnova l'attesa, la speranza, il desiderio che qualcosa di nuovo giunga a farci visita e modifichi la nostra vita.
Quante proiezioni sul futuro, mentre sottovalutiamo il presente, guardandolo con occhio critico, sempre pronti a notare mancanze e imperfezioni, rimpiangendo il passato: quello che c'era e che non può più essere.
Quando stavamo vivendo ciò che ora è passato ci sentivamo insoddisfatti, forse infelici, e continuavamo a scrutare l'orizzonte impazienti di veder apparire qualcosa, qualcuno, che rompesse la monotonia e ci stupisse. Ma quando ciò accade la mente, stregata da un infausto incantesimo, inizia a riandare al passato e pensare con nostalgia a ciò che ha perso.
Questa esperienza si è ripetuta più e più volte, perché continuiamo a ripetere questo dispendioso e sterile processo? Perché è così difficile percepire la bellezza e la perfezione nel momento presente?
Uno spirito critico, una visione giudicante, dà alla mente un'illusione di saggezza, di intelligenza e di superiorità. In questo ruolo si sente tranquilla e al sicuro, ma il prezzo di questa sicurezza è la perdita della verità su sé stessa e sugli altri.
Una visione ampia, capace di includere e far apparire la bellezza al di là dell'imperfezione, del limite e del dolore, è la chiave che gli Sciamani delle Praterie d'America proponevano agli antichi abitanti di quei luoghi, per risolvere il grande enigma: Come immergersi nelle prove della vita senza perdere sé stessi durante l'esperienza? Esiste un luogo interiore di potere dove trovare la fiducia necessaria a cambiare vita e attribuire un significato alla vita? L’antica saggezza Navajo attribuiva a ciascun individuo la responsabilità di vivere nella felicità o nella sofferenza.
In un mondo costellato di atti insensati, ispirati dall’odio, siamo chiamati a trovare uno stile di vita in grado di tutelare la gioia, la pace.
L'attuale pensiero dominante è sintonizzato sulla frequenza della separazione e della contrapposizione, frutto di una focalizzazione sulle differenze, su ciò che fa ci apparire diversi dal nostro simile.
La consapevolezza della necessità di operare per il bene comune passa in secondo piano, oscurata da una visione parziale e frammenta che porta alla separazione e alla guerra. Esiste una soluzione?
Occorre recuperare la consapevolezza che ciò che ci accomuna, in quanto esseri umani, è di gran lunga superiore a quello che ci divide. Che esiste un non luogo da cui tutti proveniamo e verso cui stiamo camminando. Ogni persona è molto di più di come appare, sotto gli abiti di scena che indossa vi è un'energia saggia e potente che ha un preciso scopo e muove ogni cosa.
Possiamo lavorare efficacemente per scoprirlo o rassegnarci ad una vita scolorita e apparentemente priva di significato, a noi la scelta.
Veramente una bella sfida evitare di associare su questa data.
Ogni numero porta in sé un simbolo, ogni simbolo è un archetipo, tanti quanti sono i nostri sistemi e parametri di riferimento.
Se partiamo dai Tarocchi di Marsiglia il XXI è il Mondo e il XII è l' Appeso.
In questa sequenza: Mondo Appeso Mondo, il cambiamento di prospettiva, la rivoluzione, la capriola che l' 'Appeso ci invita a realizzare non riguarda un aspetto, un' area della Vita, ma sembra riguardare il Mondo, anzi i Mondi: quello vecchio e quello nuovo, quello interno e quello esterno, quello del Maschile e quello del Femminile, mirabilmente rappresentato dalla donna nuda in atto danzante al centro Mondo. Quel femminile sembra chiederci: dove ti trovi? Cosa stai facendo? Sei al centro del tuo Mondo? Stai creando la tua realtà? O sei ferma, tesa a bloccare la danza, il movimento, cercando di salvare il salvabile?
Se, condotti dal Principio di Corrispondenza, ci facciamo portare dalla magia delle Carte Intuitive per l'Umanità in cammino, la Carta XXI ci parla di Sfida: - L'oscurità incombe mentre l'ombra si mobilita.
Le anime in fuga anelano alla libertà. Solo la verità rende liberi... -
La Carta XII ci parla di un viaggio verso l'Ignoto: - È il momento di cambiare direzione, di volgerti altrove, di lasciare il noto per l'ignoto.
Là c'è il mistero che da sempre ti attende ... -
Anche qui l'invito delle Carte Intuitive è indurci ad affrontare e vincere la Sfida per accedere ad una nuova Verità in grado di renderci liberi, facendo nostro il coraggio di attraversare e lasciarci alle spalle la foresta piena di ostacoli ed impedimenti e accedere ad un nuovo paesaggio, una nuova realtà, una visione illuminata dal mistero e aperta alla scoperta di un nuovo Mondo.
A questo punto mi sembra semplicistico parlare di Solstizio, ma siccome questo è un fatto, buon solstizio!
Stiamo vivendo sospesi, nella totale incertezza di cosa accadrà domani, la prossima settimana, il prossimo mese. Ci alziamo al mattino con un'ansia non definita, non ci
sentiamo più al sicuro, ogni giorno arrivano nuove minacce, nuovi ricatti. Assistiamo ad una deriva democratica che va nella direzione di una totale privazione della libertà di pensiero, di parola, di azione. Tutto questo ha un odore antico, abbiamo la sensazione di averlo già visto, già sperimentato, già patito.
Eppure assistiamo alla marcia inesorabile verso il baratro, che ci vedrà tutti perdenti.
Anche chi è sicuro di trarre un guadagno da tutto questo, nel medio e lungo termine perderà, e perderà tutto. Sì perché oltre il 4% c'è un'altra dimensione, c'è una realtà refrattaria a qualsiasi controllo, e il fatto di non conoscerla non significa che non esista. Sì perché la morte arriva sempre, fedele, precisa, ed esegue il suo compito. Dinnanzi a lei non c'è ricchezza, non c'è potere che possa minacciarla o farla arretrare. Allora chi si è reso responsabile di abusi, di ingiustizie, prevaricazioni, chi ha giocato a fare Dio, arrogandosi il potere di decidere sulla vita e sulla morte di altri esseri viventi, perderà tutto. Allora improvvisamente sentirà tutto il peso del fallimento e sarà schiacciato dalla responsabilità di aver trascinato popoli e paesi in questa folle corsa all'autodistruzione, con l'assurda convinzione che sarebbero morti solo gli altri.
Ci chiediamo chi possa salvarci, se siamo ancora in tempo o se il dado è tratto e non sia più possibile invertire il senso di marcia. Nessuno può risponderci e la nostra ansia cresce, come fumo nero che invade i nostri polmoni e rende affannoso il nostro respiro.
Ancora una volta l'Umanità sta mettendo a rischio la propria sopravvivenza, ma la terra come reagirà?
Sarà ancora una volta lei a decidere le sorti del genere umano?
E noi nel frattempo che facciamo?
Come impieghiamo il tempo che ci rimane?
Mentre passeggiavo assorta in riva al mare e i pensieri si muovevano in ordine sparso, trasmettendomi una sensazione di vuoto apparente, improvvisamente mi è apparsa un'immagine, sepolta da anni nella mia memoria, eredità di un tempo antico, quando frequentavo la Scuola Media e la mia insegnante di Lettere aveva deciso di farci leggere integralmente il romanzo di Manzoni I Promessi Sposi.
In quel periodo ero intollerante a tutto quello che mi appariva vecchio, obsoleto, così tentai di proporre un'alternativa, un romanzo più moderno, più originale, ma la mia proposta cadde nel vuoto.
Nei lunghi mesi di lettura ed approfondimento del romanzo, mi trovai ad amare alcuni personaggi e ad odiarne altri. Il personaggio che trovai più affascinante fu Fra Cristoforo. Oggi, dopo tanti anni, la sua immagine è riaffiorata insieme a quella di Don Abbondio e a quella inquietante di Don Rodrigo. Un triangolo con al vertice un personaggio che si era preso la libertà di usare il suo potere per influenzare, minacciare, costringere un religioso, inducendolo a venire meno al suo dovere: sposare due ragazzi del popolo.
Alla base del triangolo troviamo da un lato Don Abbondio, "il vaso di terracotta che si trovava a viaggiare insieme ai vasi di ferro", vittima della paura e della codardia, dedito al compromesso e alle mezze verità. All'altro lato Fra Cristoforo, anch'esso religioso e appartenente alla Chiesa, colui che un tempo aveva vissuto nella ricchezza e aveva abusato del suo potere provocando dolore e morte, ma che aveva lasciato tutto per mettersi a servizio dei poveri, degli umili e degli indifesi.
Tutto questo accadeva in un periodo in cui imperversava la Peste, che faceva vittime in ogni ceto sociale, fra i ricchi e fra i poveri, fra i potenti e fra gli umili.
Questi due religiosi dunque vivevano nello stesso contesto sociale e politico, sono parte della stessa organizzazione religiosa, entrambi sono collocati in una posizione difficile e scomoda, ma di fronte alla minaccia e all'abuso di potere assumono due atteggiamenti opposti. Don Abbondio completamente piegato, passivo, terrorizzato, inerme. Fra Cristoforo forte, determinato, scaltro, irriducibile ed incorruttibile.
Colpisce che una storia così antica possa avere tante somiglianze con la storia attuale. Ancora una volta è richiesto a tutti di assumere una posizione chiara, di scegliere da che parte stare: se piegarci al potere e alle sue “Grida” o resistere e rivendicare la libertà di scegliere e accettare solo ciò che riteniamo giusto e rispettoso della vita in ogni sua forma.
La domanda risuona forte e chiara: da che parte scegli di stare?
Quale ruolo decidi di rappresentare?
Scegli come tuo modello Don Abbondio o Fra Cristoforo?
Ti è mai capitato di rifiutare un'opportunità e poi rimpiangerla?
Conosci l'esperienza di rinunciare a realizzare un desiderio portandoti dentro il rammarico di non averci provato?
Sai cosa significa tirarsi indietro per paura di fallire per poi sentire di aver tradito te stesso?
Per aver successo occorre osare, rischiare, scommettere sul successo puntando tutto ciò che hai.
La libertà è il risultato di una scelta deliberata che nasce dalla consapevolezza dell'alternativa, dalla coscienza della posta in gioco, se non la conosci non puoi scegliere, e la libertà è solo un miraggio.
Quanto coraggio occorre? Molto, moltissimo coraggio per deludere le aspettative di chi ti "ama", per tradire chi si aspetta da te fedeltà, e andare avanti, resistere alla tentazione di ritornare sui tuoi passi per sentirti di nuovo innocente.
Non ci sono garanzie, nessuna certezza, devi procedere anche se rimani solo.
La scelta è tua: continuità o avventura? Certo o incerto? Rischio o sicurezza?
Il passato forse lo conosci, il presente lo vedi, il futuro puoi sceglierlo tu.
Vuoi rimanere nel dolore o creare le condizioni per gioire?
Vuoi trattenere la rabbia o aprirti all'amore?
Vuoi sentirti vittima o creare la realtà che desideri?
Cosa scegli?
L'integrità non è solo un'attitudine o una scelta di ordine morale. E' il risultato di una ricomposizione, frutto di una lunga ricerca per ritrovare parti di sé negate, rimosse, dimenticate, alla ricerca di una identità che dia senso alla vita, di un progetto personale capace di renderci felici.
In questo processo é necessario tagliare un sacco di cose: falsi bisogni, dipendenze, convinzioni ereditate, schemi di comportamento appresi per imitazione, copioni fatti nostri in modo inconsapevole per inerzia, per fedeltà, per non dispiacere le aspettative di chi ci ama ...
Ogni volta che ci rassegniamo pensando che non possiamo fare nulla di diverso,
ogni volta che ci convinciamo che quello che abbiamo è già tanto, e non possiamo pretendere di più,
ogni volta che rinunciamo a qualcosa pensando che non è per noi,
qualcosa muore e perdiamo la nostra integrità.
Abdicando alla nostra complessità, rassegnandoci ad una vita basata sulla sussistenza, rinunciando ad improbabili desideri, vediamo scomparire la possibilità di manifestare la bellezza, l'originalità, la creatività, tutto ciò che ci rende simili agli Dei.
Solo seguendo la via del cuore possiamo raggiungere lo spazio sacro dove si annulla ogni separazione, dove la coscienza entra in comunicazione con la sorgente e noi possiamo sentirci creature divine fatte della stessa sostanza delle stelle.
L'unica guarigione è quella che viene e che passa dal cuore.
Ritrovare la propria integrità è come ricomporre un puzzle composto da centinaia di pezzi, dispersi in tempi, situazioni, relazioni.
Grazie a questa ricomposizione i vari tasselli trovano la giusta collocazione e si delinea un'immagine chiara, che dà senso e permette di comprendere contraddizioni, scelte autodistruttive, fallimenti. Tutto ciò che appariva illogico e assurdo, diventa parte di un grande disegno, coerente con uno schema che aveva l'obbiettivo di portarci esattamente dove siamo ora.
Le persone si sentono sole e impaurite, costrette a vivere in una dimensione privata, in assenza di scambi e di contatti sociali, con la paura che la fa da padrona.
In questo scenario che esclude una dimensione gruppale, di scambio, di collaborazione e di solidarietà, l'altro diventa un pericolo, una minaccia alla propria integrità e alla propria salute, qualcuno da tenere a debita distanza, in casi estremi un nemico da combattere.
Questi vissuti, queste reazioni, queste paure si sono amplificate nelle ultime settimane, ma forse stavano già serpeggiando fra le persone, retaggio di un inconscio collettivo dentro cui ci muoviamo e di cui siamo parte.
La difficoltà a rapportarsi con gli altri, la paura del diverso, il non sentirsi parte di un gruppo, di una famiglia, di una nazione, la fatica a vivere rapporti sinceri, erano segnali già presenti e ben visibili.
Ora la solitudine è diventata fisica, imposta per Decreto, e sono emerse, amplificate a dismisura, dinamiche che prima correvano sotterranee e che sfociavano in stati di tristezza, depressione, ansia, attacchi di panico.
Il Prof. Vittorio Marchi diceva: "Il tuo nemico è la parte ferita di te, non puoi eliminarlo, puoi solo prendertene cura". Parole forti, una riflessione difficile con cui confrontarsi, ma che forse può farci uscire dalla prigione delle paure e delle convinzioni che giustificano una visione della vita dove non c'è posto per la propria ombra, tanto meno per la morte.
Per fuggire e negare queste realtà si arriva a rinunciare alla vita, una vita autenticamente umana.
Dopo aver perso di vista per anni il contesto più ampio di cui tutti facciamo parte, dopo un periodo di sfrenato individualismo e protagonismo, dove vigeva solo la legge del profitto a qualsiasi costo, forse è venuto un tempo in cui l'unica strada percorribile è ritornare a considerarci parte integrante di un tutto, in cui il singolo è solo un frammento che non ha alcuna possibilità di sopravvivenza se continua ad anteporre il proprio interesse ad un bene più grande.
Forse l'unica possibilità per sopravvivere è recuperare una visione d'insieme in cui nessuno può essere escluso, dove esiste un solo bene: quello comune.
E' urgente che la solidarietà prenda il posto dell'interesse del singolo, che il servizio alla comunità sostituisca l'utilizzo arbitrario del potere.
Abbiamo reciso i collegamenti con le nostre origini, alle nostre spalle sentiamo un vuoto che si traduce in mancanza di senso e disperazione.
E' l'appartenenza ad una famiglia, ad un gruppo, ad una nazione che ci dà un'identità, che ci rende cittadini del mondo, fieri di esserlo.
La nostra presenza qui ed ora non è casuale, il significato, lo scopo, può essere compreso se ci riconnettiamo con il nostro progetto personale che fa parte di un progetto comune a tutti gli esseri umani.
Se neghiamo questa realtà, se rimuoviamo la rete di rapporti e di relazioni di cui siamo parte, rinunciamo alla nostra umanità e siamo come alberi sradicati e abbandonati.
Prendere consapevolezza che l'altro è il nostro specchio, implica coraggio, determinazione e grande senso di responsabilità, che mal si conciliano con giudizi e pregiudizi che coprono paure, insicurezze e problemi irrisolti.
Una delle azioni più difficili nella vita è lasciarsi andare.
L'attaccamento che sviluppiamo per cose e persone ci introduce nel campo della paura: la paura di perdere persone care, il lavoro, le comodità, anche oggetti a cui siamo affezionati, per non parlare delle abitudini da cui siamo dipendenti.
Dal momento della nascita la nostra vita dipende da un costante equilibrio fra il movimento di prendere e quello di lasciare andare.
Se non siamo disposti al lasciare il luogo caldo e sicuro che ci ha contenuti per nove mesi, non possiamo vedere la luce ed emergere, sperimentando una nuova realtà e un diverso modo di vivere.
Perché è così difficile lasciare e lasciarsi andare?
Perché presuppone una totale fiducia, unita ad un grande desiderio di sperimentare, scoprire, incontrare. Necessita di un ottimismo congenito, che in molti casi è stato minato da esperienze prenatali e da antiche memorie, che costituiscono una zavorra che limita o addirittura blocca il movimento.
La prima grande azione, quella di nascere, necessita di grande movimento e tanto impegno psicofisico. Ogni impedimento ad una nascita semplice e naturale, corrisponde ad un blocco riguardante la vita e la nascita.
Sono questi i casi in cui è necessario un aiuto esterno, che può arrivare ad un vero e proprio intervento chirurgico: il taglio cesareo.
Un modo per dire: - sono qua perché siete venuti a prendermi, in realtà non era mia intenzione essere qui! -
L'ambivalenza nei confronti della vita, il dubbio riguardante la scelta, rischia di essere la melodia di fondo che, come un filo rosso sottende ad ogni scelta, che colora ogni esperienza.
Fino a che qualcosa o qualcuno ci induce a trovare la forza e il coraggio di fare luce, di andare a fondo e scoprire l'origine di tutto questo.
Da dove è nata questa resistenza, questa opposizione, questo atteggiamento "contro", sempre alla ricerca di un nemico da combattere, di un antagonista da sconfiggere, di un colpevole a cui attribuire la colpa.
Le esperienze intrauterine hanno grande importanza nella creazione di questa ambivalenza: i dubbi, le incertezze, le paure, o addirittura il rifiuto della madre, può arrivare all'embrione, il quale percepisce di non essere desiderato e sviluppa un profondo senso di colpa, il vissuto di essere un clandestino, mancante dell'autorizzazione ad esserci.
La perdita di uno o più gemelli nei primi mesi di gravidanza, è un'esperienza talmente dolorosa da segnare profondamente la vita successiva.
Questa esperienza porta il gemello superstite a vivere ogni perdita, ogni separazione e abbandono come un dolore insopportabile, sviluppando una ipersensibilità al tradimento e all'ingiustizia. Ogni abbandono diventa un'occasione per rivivere il dramma originario.
Allo stesso modo lo scenario di nascita diventa un copione che verrà messo in scena ad ogni nuovo inizio.
Il senso di mancanza innesca meccanismi atti a difendersi da questo dolore, la mente entra in azione per proteggere, rassicurare, trovare certezze.
In questo modo inizia la costruzione di una realtà alternativa, consolatoria, ma fondamentalmente falsa.
In questo scenario nasce l'esigenza di ritrovare la Verità: Chi sono? Da dove vengo?
Questa ricerca spinge la persona a tornare alle origini, per connettersi con una dimensione che precede l'entrata nella vita.
In questo percorso è necessario lasciarsi alle spalle memorie traumatiche, antiche ferite, ricordi dolorosi, per aprirsi al nuovo.
Fare spazio per poter creare un nuovo presente.
Ho incontrato una farfalla bellissima.
Il primo impulso è stato prendere il
cellulare per fotografarla.
Poi mi sono fermata, ho deciso di ammirarne
la bellezza, l'armonia, l'eleganza, la leggerezza,
per tutto il tempo che mi avrebbe concesso.
Ho resistito alla tentazione di catturarla,
sì, perché anche la foto è un tentativo di possederla
imprimendo la sua immagine in una memoria virtuale,
cercando di fermare il tempo.
Ho deciso di restare solo a guardare
e lasciare che la sua bellezza
restasse per sempre nel mio cuore,
gustandomi ogni secondo,
vivendolo come un dono meraviglioso.
Quindi ora non te la posso mostrare
ma posso condividere la mia emozione
e la mia gratitudine.
Se fossi capace di fare questo in ogni situazione,
forse la vita diverrebbe più bella,
più leggera, completa,
proprio come questa farfalla.
Mi sono chiesta cosa renda così difficile
farlo, e mi è venuta in mente la paura
di non incontrarla domani o dopodomani,
ho pensato alla convinzione che se qualcosa,
qualcuno, se ne va è per sempre.
Allora se credo che un'altra farfalla
arriverà domani e un'altra dopodomani,
potrò guardarla e ammirarla
senza l'angoscia di perderla.
Se esistono migliaia di farfalle,
posso stare tranquilla: ne incontrerò altre,
tutte bellissime, affascinanti, uniche.
Leggendo il post di John Travolta, in cui dava comunicazione della morte della moglie Kelly Preston all'età di 57 anni, mi ha colpito la terminologia che ha usato:
“Ha perso la sua battaglia di due anni con il cancro al seno" e di seguito:
"Ha combattuto una coraggiosa lotta con l'amore e il sostegno di tante persone.”
Questa visione della malattia come un nemico da combattere e da sconfiggere, come si trattasse di una guerra in cui per sopravvivere occorre uccidere il nemico, mi appare come una battaglia persa
in partenza.
Come si può vincere una battaglia contro sé stessi?
Come si può avere l'illusione di uccidere cellule del proprio corpo e rimanere vivi?
Il corpo è un sistema ordinato e perfetto nel suo funzionamento, e nulla può accadere senza una ragione, in modo assurdo e casuale.
Non esistono cellule “impazzite” che decidono di dissociarsi ed eliminarci e che lavorano per il nostro male.
Tutto ciò che accade nel nostro sistema psicofisico, che costituisce un'unità inscindibile, è logico e sensato e risponde alla particolare condizione psichica che si è venuta a creare.
La risposta è sempre biologicamente sensata.
L'origine di ogni reazione fisica è nella Psiche e si manifesta a livello cerebrale e a livello dell'organo implicato.
Comprendere il conflitto, il trauma che ha provocato la reazione che creato il sintomo, è il primo passo per non cadere nella rabbia, nel rifiuto, nella guerra all'ultimo sangue contro il dolore e contro la morte.
La morte è considerata l'opposto della vita, la falce usata alla cieca che miete vittime innocenti, ma siamo proprio sicuri che sia così?
La morte è la massima espressione della trasformazione, e quando accade è la realizzazione di un progetto personale ben preciso. Ma la nostra visione materialistica, in cui ci identifichiamo con l'aspetto materiale, non ci permette di andare oltre, di guardare da una prospettiva più ampia, e di vedere oltre l'apparenza, oltre l'attaccamento, oltre la pretesa del controllo.
Allora l'accanimento terapeutico, la “guerra santa contro il nemico” diventa una ragione di Vita, ma sono la disperazione e il rifiuto, i carburanti di questa sterile battaglia, e il risultato non può che essere il fallimento.
Riflettendo sull'incidente accaduto ad Alex Zanardi, ho fatto alcune riflessioni che condivido con voi.
La ripetizione di incidenti gravi è presente nella storia personale di Alex ma anche nella sua storia familiare. La sorella Cristina è morta in un incidente stradale prima che Alex intraprendesse la carriera automobilistica e diventasse pilota di Formula uno. Quindi si tratta di un tema già presente nella famiglia. Verrebbe da chiedersi: cosa è successo nelle famiglie della madre e in quella del padre, che può aver generato questa esigenza di portare alla luce e rappresentare un evento non adeguatamente visto ed elaborato dalla famiglia?
Quello che verifico ogni giorno con i miei clienti è che più si cerca di sfuggire ad un destino, più quello si ripresenta sulla strada scelta per evitarlo.
Combattere, fuggire, lottare, sono strategie inefficaci, perché è sempre l'inconscio a fare la differenza e a determinare il presente.
Un lutto, un abuso, un'ingiustizia, accaduta nel sistema familiare tende a ripetersi, riproducendo eventi, situazioni molto simili a quelli originali.
Accade che questi eventi si verifichino in particolari date, come a volere ricordare l'anniversario, per fedeltà a qualcuno con cui si è rimasti connessi.
L'unica possibilità per uscire dalla ripetizione è comprendere cosa si sta ripetendo, chi si sta rappresentando, dove si sta guardando e chi si sta seguendo.
Occorre andare oltre una comprensione intellettuale, sostituire il capire col sentire, attraversare il dolore, la colpa, la rabbia, per uscire dalla “Ruota” dentro cui ci si è incastrati.
Allora è possibile andare oltre la ripetizione e approdare ad una visione più ampia e distaccata.
Assumere una nuova posizione, un nuovo punto di vista da cui guardare, accettare, rispettare, ringraziare e lasciare andare.
Questa è la strada per ritrovare la pace e riconquistare il proprio progetto e il proprio destino, recuperandone il senso e comprendendo il significato di ciò che è accaduto.
È così possibile ritornare a fidarsi delle proprie sensazioni ed agire di conseguenza, uscire dai giorni bui in cui continuano ad accadere eventi vissuti come manifestazione della sfortuna, di un accanimento da parte di qualcuno o qualcosa di esterno.
In realtà tutto ciò che accade ha origine dalle radici dell'albero della famiglia e dalla propria storia personale.
Quale direzione stai seguendo?
Quale bussola stai usando per navigare?
Quando le onde salgono e la tempesta si abbatte su di te a chi va il tuo pensiero?
Riesci a guardare oltre le apparenze e fidarti della Vita e del suo percorso?
Riesci a riconoscere ciò che è vero e fidarti del tuo senso etico?
Oltre il temporale c'è un nuovo orizzonte, dopo la burrasca arriva sempre il sereno, sei pronto a farti guidare dai tuoi desideri e dai tuoi sogni?
Se ti appoggi solo alla tua mente, se pensi di essere pura materia, se resti confinato dentro il tuo corpo fisico che diventa una torre difensiva, eretta a baluardo della tua individualità, non c'è spazio per l'apertura, per la trasformazione, per lo scambio e la comunicazione.
Se il dolore è tutto ciò che conosci, se la tristezza ti avvolge e offusca la tua mente, se la rabbia ti toglie lucidità, rischi di perdere di vista l'essenziale: il senso del viaggio.
La meta può essere raggiunta se resti connesso al tuo progetto, un progetto scritto e definito tanto tempo fa, prima che tutto avesse inizio. Questo è lo scopo per cui ti trovi ora qui a vivere il presente.
Forse è una prova, una sfida che hai scelto di superare prima di nascere per lasciarti finalmente alle spalle patti, promesse, accordi stipulati in un lontano passato.
Forse non ricordi quando e perché, ma puoi fidarti della tua anima e non farti trascinare dai dubbi che come flutti impazziti ti portano lontano dalla tua direzione e ti fanno perdere la rotta.
Togli le catene che tengono imprigionate le tue ali e inizia a volare, scegli la verità e usala per essere libero.
Un bravo marinaio sa sempre qual è il porto a cui deve tornare, e anche se si lascia momentaneamente distrarre, il richiamo della patria e della propria casa è più forte di qualsiasi tentazione.
Il viaggio può essere lungo, avventuroso, pieno di prove e pericoli, ma la meta è certa ed è su quella che devi puntare il tuo sguardo senza perderla di vista.
Gonfia le tue vele e lasciati condurre dal vento, il tuo sogno è la direzione.
Quando ti senti impotente, quando hai desideri, aspirazioni, che non riesci a realizzare, quando ti senti inadeguato, come se ti mancassero le capacità, le competenze, cosa fai?
Ti giudichi e ti arrabbi? ce l'hai con te stesso e con la vita?
Qualcosa sta impedendo ai tuoi talenti di manifestarsi, un muro percepito invalicabile ti relega fuori dal gioco, ti manca la determinazione, la forza, il coraggio di osare andare oltre le presunte certezze, le convinzioni, ciò che ti hanno raccontato,
le abitudini ti incastrano in meccanismi ripetitivi e sterili.
E' possibile uscire da tutto questo?
Creare uno spazio di ascolto per accogliere un nuovo punto di vista, espandere la visione di te stesso e della realtà è il primo passo per uscire da questo vissuto di impotenza.
Assumere un nuovo sguardo, aprire il cuore, prenderti la responsabilità di costruire il tuo futuro, quello che tu desideri, ha il potere di apportare radicali cambiamenti che la mente incredula ritiene impossibili, ma che il tuo spirito sa che si possono realizzare.
Questa magia si manifesta quando esci da una dimensione dove tutto è ricondotto ad un rapporto di causa ed effetto, quando esci dalla morsa del: "tanto è tutto inutile".
Alzando il punto di osservazione e guardando ciò che accade con occhi nuovi fiduciosi, entusiasti.
Aprendoti alla condivisione, alla comunicazione, alla solidarietà, il flusso di energia si scioglie e, come ghiaccio al disgelo, la vita ricomincia a fluire.
Dipende da te: cosa guardare, con quale sentimento, arrenderti o navigare il tuo mare.
Dipende da te scegliere dove stare e cosa fare.
Le domande che più spesso mi sento porre sono:
"Il mio problema è risolvibile? Se sì, in quanto tempo?
Ha mai incontrato un caso come il mio?
Queste domande nascono dal bisogno che qualcuno, in modo un po' onnipotente, prenda il disagio e si accolli la responsabilità della guarigione.
La persona che chiede aiuto sta vivendo un periodo di crisi e si sente incapace di uscirne, non comprende il senso della sua sofferenza.
I sintomi sono la reazione più sensata, prevista e messa in atto dalla nostra componente biologica, per rispondere ad un particolare conflitto vissuto in una condizione di solitudine.
Il compito del terapeuta è creare le condizioni affinché la persona possa fermarsi ed ascoltarsi, prendere coscienza del suo vissuto più profondo, e guardare chi c'è dietro il suo sintomo, sia esso psichico, fisico o relazionale.
Solo dopo essere entrati in questo ascolto e aver assunto questo atteggiamento la persona può fare una scelta.
Qualsiasi diagnosi dà alla persona una definizione con cui essa tende ad identificarsi e questa etichetta rischia di diventare una identità sostitutiva.
Abbiamo così: il depresso, il paziente affetto da sindrome bipolare, quello con disturbo della personalità, lo schizofrenico, il diabetico, l'iperteso, il cardiopatico, etc.
Definizioni che sono il risultato della trasformazione del sintomo con una durata limitata in prognosi, mediante una proiezione nel futuro che tende ad avverarsi nella misura in cui il paziente crede a questa previsione.
Quante volte ci siamo sentiti dire: “Si rassegni, lei dovrà assumere questo farmaco per tutta la vita?"
Come possiamo evitare di entrare in questa spirale di paura e rassegnazione?
Guardando e affrontando ogni sintomo nella sua specificità e transitorietà, mantenendo il contatto con la vita reale, con quello che sta accadendo nel presente.
Tutto può essere guardato, compreso e risolto se manteniamo un atteggiamento aperto e disponibile al cambiamento, se abbandoniamo la paura e prendiamo coscienza che tutto ciò che ci accade è sensato ed è una preziosa opportunità per migliorare la qualità della nostra vita.
Il nostro tempo è caratterizzato da una tecnologia che può fare a meno dell'incontro personale. Stiamo sperimentando l'efficacia, la rapidità, la comodità di una comunicazione virtuale.
Ci stiamo abituando a comunicare a distanza, lasciando fuori i sensi, primo fra tutti il tatto, con l'idea che togliendo di mezzo il corpo, vengano eliminati un sacco di fastidi La Chiesa cattolica da secoli persegue l'intento di sbarazzarsi dei rischi connessi alla fisicità e lavora per una religiosità ripulita dalla contaminazione dei bisogni del corpo, bisogni condivisi con il regno animale, quindi impuri.
Per dimostrare la superiorità dell'uomo, in quanto essere intelligente, nel corso dei tempi si è rinnegata e rimossa la componente fisica per esaltare quella spirituale, contrapponendo l'una all'altra. Questo ha creato comportamenti perversi, ovvero i bisogni negati nel momento in cui emergono più forti che mai, debbono prendere vie alternative, spostarsi su territori nascosti dallo sguardo indiscreto di chi potrebbe accusare, giudicare e condannare. Sappiamo che più qualcosa viene proibita, più la sua importanza e il bisogno di essa aumenta. Noi percepiamo e conosciamo il mondo attraverso l'esperienza sensoriale che è strettamente connessa alla sfera emotiva. Il bambino scopre sé stesso e il mondo attraverso la percezione tattile, la prima esplorazione degli oggetti avviene attraverso la bocca.
Colpisce il fatto che il Vangelo mostri e sottolinei l'importanza del tocco delle mani e del contatto fisico ogni qual volta viene compiuta una guarigione:
"La suocera di Simone era a letto con la febbre, Gesù si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano." Mc. 1
"Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita". Mc. 5
"Prese la mano della bambina e le disse: talità kum, che significa: io ti dico alzati. E la fanciulla si alzò e camminava." Mc. 5
"Sputò per terra, fece del fango con la saliva, la spalmò sugli occhi del cieco e gli disse: va' a lavarti nella piscina di Siloe." Gv. 9
Gesù dice a Pietro "Se non ti farai lavare i piedi non avrai parte con me. (...) come ho fatto io così fate anche voi." Gv. 13
"Si avvicinò un lebbroso e disse: se vuoi puoi purificarmi. Gesù stese la mano e lo toccò dicendo: lo voglio, sii purificato. E subito la lebbra fu guarita." Mt. 8
"Che cosa volete che faccia per voi? Gli risposero: Signore, che i nostri occhi si aprano. Gesù ebbe compassione, toccò loro gli occhi ed essi all’istante recuperarono la vista e lo seguirono.” Mt. 20
Il maestro tocca il discepolo per benedirlo e per guarirlo, come il padre tocca il figlio e lo abbraccia per benedirlo e mandarlo nel mondo.
La madre tocca e abbraccia il figlio per trasmettergli amore, protezione, sicurezza, senso di appartenenza.
E noi pensiamo di fare a meno di tutto questo per tutelare la nostra salute?
Siamo convinti che si possa sostituire un abbraccio con una video chiamata?
Una stretta di mano con un messaggio?
Siamo disposti a barattare gesti pieni di sentimenti con comunicazioni asettiche per tutelare una presunta necessità di sopravvivenza?
Dott.ssa Emanuela Presepi
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Tel. 329 063 2522
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